Una gara di endurance non inizia sulla linea dello start, ma nel momento in cui si decide di farla. In quel momento comincia un viaggio, fatto di diverse emozioni, frustrazioni, passioni, sorrisi, pianti e fatica. Possiamo scegliere se goderci questo viaggio da soli oppure insieme alle relazioni più care e intime che abbiamo, quelle con la nostra famiglia (qualsiasi cosa significhi per noi questo termine).
Cosa spinge una persona a iscriversi a una gara di endurance? Una competizione che dura ore, a volte giorni? Cosa speriamo di ottenere di più o di diverso, una volta superata la linea del traguardo?
Ognuno avrà la sua motivazione, la cosa importante, se scelgliamo di vivere questo viaggio con la famiglia, e non solo situazioni/problemi da gestire, è quella di condividere le risposte alle domande precedenti. Rendere partecipi i diversi componenti della famiglia del senso e del significato che ha per noi, non solo la gara, ma anche la preparazione atletica, la quale è la sfida maggiore perchè richiede molto tempo, permette di co costruire insieme le soluzioni per trovare spazio e tempo per gli allenamenti.
Dire “devi capire che per me è importante allenarmi” non sempre serve, perchè in questo modo diamo all’altro la responsabilità della relazione. Chiediamo all’altro di trovare da solo gli strumenti per stare all’interno di una situazione.
Per la Gestalt è importante sostenere da chi si vuole essere sostenuti. Dunque, cosa posso fare io per sostenere la mia famiglia durante la preparazione della gara? In questo modo la famiglia non sentendosi spettatrice che subisce i lunghi momenti di allenamento o di assenza, può incuriosirsi dell’attività che stiamo facendo e portare liberamente i propri bisogni e richieste di presenza da parte dell’atleta, trovando insieme a lui possibili soluzioni, senza timore di creare tensioni. Così come l’atleta all’interno di questo campo relazionale, può sentirsi maggiormente libero di avanzare richieste in momenti specifici della preparazione, quando ha maggior bisogno di essere sostenuto.
Per esempio, se la mia gara è prevista per luglio, il periodo di massima preparazione l’avrò tra maggio e giugno, dunque nel periodo invernale posso concedermi una maggiore flessibilità negli allenamenti per incontrare i bisogni della mia famiglia in modo da non creare tensioni inutili che possono non permettermi nel momento più importante della preparazione di essere sostenuto da loro. Inoltre insieme si possono trovare soluzioni agli allenamenti più lunghi, programmando gite, escursioni, pic-nic e attività alternative per gli altri membri della famiglia.
Perchè è vero che per poter gareggiare ci vogliono gambe, cuore e testa, ma anche, e soprattutto, relazioni. Dunque così come c’è bisogno di allenare le prime tre macinando km su km, è altrettanto importante allenare le relazioni che ci circondano a essere endurance!
Perchè sono così importanti le relazioni negli sport di endurace, che per immaginario comune, sono sport individuali, che rasentano l’isolamento e la solitudine?
Le relazioni sono i luoghi in cui crescono la fiducia e l’autostima. Erroneamente spesso si pensa che siano due “cose” di cui siamo provvisti fin dalla nascita in “altezza”, o condannati alla loro versione “bassa”. In realtà sono processi relazionali che nascono, crescono e si modificano all’interno di relazioni. La fiducia non riguarda solo le proprie capacità e potenzialità, ma anche l’aver fatto esperienza che quello che ci circonda è un ambiente che ha a disposizione strumenti a cui noi possiamo affidarci nei momenti di difficoltà e che le relazioni sono specchi che rimandano diverse nostre potenzialità. Così come l’autostima non significa che ho una buona immagine di me, ma che sperimento diverse situazioni tenendo conto che posso fallire e nonostante questo continuo a fare esperienza. La possibilità del fallimento non mi blocca perchè ho fatto esperienza che le relazioni non si frammentano o si modificano se fallisco, e quindi posso trovare dentro l’errore risorse per fare la stessa cosa, solo in modo diverso.
E la resilienza? Anche questo nostro potenziale è un processo relazionale, la quale non è qualcosa che risiede nella nostra “mente” ma è in stretta connessione con il corpo. Evolutivamente e strutturalmente siamo fatti per correre a lungo e per mantenere la concentrazione. Abbiamo glutei e tendini di Achille maggiormente sviluppati rispetto ad altri primati, siamo provvisti del legamento nucale, indispensabile per stabilizzare la testa durante la corsa e siamo privi di pelliccia e dotati di lobi frontali più efficaci. La resilienza, così come l’autostima e la fiducia, non è dunque un dono ma un potenziale, una capacità innata che ha bisogno di essere stimolata/allenata attraverso la relazione con l’ambiente.
Per concludere, possiamo scegliere in che modo viaggiare per arrivare a fare un Ironman, un Tor des Gèants o un’altra gara di endurance, sapendo che i viaggi condivisi sono più ricchi e offrono maggiori probabilità di trovare risorse interne ed esterne nei momenti di difficoltà, perché è attraverso lo sguardo dell’altro che abbiamo imparato, fin dalla nascita, a conoscerci, riconoscerci, cercare e trovare quello che in certe situazioni non riusciamo a pescare dentro di noi.
Letizia Navarino